Skip to main content

Diventare quello che siamo è il compito principale di ognuno di noi. Questo compito non si esaurisce in una volta sola, e deve essere perseguito ogni giorno, con disciplina, gentilezza e consapevolezza. Prima di crescere, prima di apprendere nozioni, prima di ottenere titoli e riconoscimenti, prima di trovare un partner, prima di costruire una famiglia, prima di fare carriera, prima di andare in pensione e prima di morire, dobbiamo realizzare l’opera più semplice e difficile allo stesso tempo: stare lontano dagli insegnamenti che ci condizionano dal primo giorno della nostra esistenza, e che ci spingono nella direzione che le persone intorno a noi vorrebbero scegliere per noi. La buona fede dei nostri genitori, degli insegnanti e di tutti coloro che ci vogliono bene, non è in discussione. È bene essere chiari sulle buone intenzioni che hanno mosso i nostri genitori e gli altri familiari, sulle competenze educative degli insegnanti e sull’onestà relazionale delle persone incontrate durante la vita. Queste persone hanno svolto la loro parte come sapevano o potevano. Col tempo, ognuno di noi si accorge vivere all’interno di gabbie mentali che sono il risultato di insegnamenti esterni e di auto convincimenti o auto imposizioni. Nel momento in cui scegliamo di diventare quello che siamo, eliminare la parte di insegnamenti che non ci appartengono, e rinunciare alle regole imposte da noi a noi stessi, ci accorgiamo di quanto abbiamo costruito basandoci su questi vincoli e di quanta volontà dovremo dispiegare per agire in modo coerente con quello che siamo. Il nostro nucleo ha esigenze, tempi ed energie che raramente coincidono con quanto la società ha previsto per noi. Come detto sopra, inoltre, noi abbiamo aggiunto ulteriori richieste, modelli da imitare, obiettivi da raggiungere e maschere da indossare per dialogare col mondo. Le riflessioni che potete fare nel preciso istante in cui leggete questo articolo, riguardano voi stessi, ovvero l’espressione del vostro nucleo e, al contempo, il vostro ruolo di genitori o educatori, affinché possiate agire con maggiore consapevolezza nei riguardi degli adulti di domani affinché, sin da oggi, accettino di affidarsi a se stessi, a quello che sentono, a quello che sanno senza che gli sia stato insegnato. Il contenuto dei libri e degli insegnamenti, dopo essere stato ingerito, deve essere espulso, trattenendo solo gli elementi utili e compatibili con la propria essenza.

La domanda più naturale che sorge in noi è: come si fa a sapere chi siamo davvero e come si fa a diventare quello che precede il nostro indossare gli abiti di scena? Dopo tanto tempo passato a credere di essere quello che facciamo, sentirci in base a quello che gli altri pensano di noi, annaspare per dimostrare il nostro valore al mondo, scoprire che questo operare non ci ha resi gioiosi e sereni può lasciarci delusi e incapaci di immaginare una strada diversa. La risposta alla domanda relativa allo scoprire chi siamo e come realizzare questo individuo è frutto in una semplice considerazione: quello che abbiamo fatto sinora per essere felici non ha funzionato. Pensare, impegnarci, dimostrare, attendersi il riconoscimento esterno, spendere le nostre risorse mentali in un problem solving esistenziale non sono la soluzione. La soluzione potrebbe arrivarci dalla non azione, nel silenzio, dal cominciare a non lamentarci del nostro presunto destino infausto, nel non cercare fuori una soluzione che sino a oggi non è giunta. Nessuno, fuori, può conoscere meglio di noi cosa ci fa stare bene. Solo nella solitudine possiamo percepire una risposta che non sentiamo perché celata dal rumore costante della nostra mente. Non cercare in modo attivo la soluzione ai nostri problemi esistenziali potrebbe produrre quel silenzio che ci consentirebbe di sentire la flebile, ma distinta voce interiore che ci indica la rotta.

Il secondo passo è l’azione derivante dalla scoperta. Il cambiamento può fare molta paura perché porta appresso l’ignoto e la paura di distaccarsi da quello che si conosce. La funzione rassicuratrice di quello che ci è noto ha come controindicazione il cristallizzarsi della vita. Sicuri ma infelici potrebbe essere il motto di questa modalità. In effetti, possiamo ricordare l’energia che si è mossa dentro di noi quando abbiamo avuto il coraggio di cambiare strada, quando ci siamo innamorati, quando abbiamo deciso con la nostra testa. Il coraggio di vivere è il coraggio di cambiare rotta, di lasciare quello che non funziona più.

Ultimo elemento su cui mi soffermo, e che si integra con quanto detto, è la dimensione creativa, la necessità di essere artefici della nostra vita, di esprimere ogni giorno la spinta generatrice che appartiene a ogni essere umano. soffocare la dimensione creativa corrisponde a morire lentamente dentro. Pensate alla sensazione di vivere costantemente indossando un’armatura medievale in ferro che appesantisce ogni passo, limita il vostro lo sguardo alle feritoie dell’elmo e consuma le vostre forze per portare in giro questo fardello, fatto di pesantissime armi adatte a combattere una guerra inutile contro un nemico che risiede dentro di voi.