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Lavoro

Adattarsi al nuovo mercato del lavoro

By 6 Marzo 2015Aprile 10th, 2015No Comments

LavoroAdattarsi al nuovo mercato del lavoro è la sfida con la quale tutti devono confrontarsi. A causa dalla sua incertezza, obbliga le persone, ormai da tempo, a sviluppare nuove forme di adattamento. Infatti, oltre alla riduzione delle nuove assunzioni dovuta alla crisi, iI licenziamento è divenuto negli ultimi anni assai più frequente rispetto a quanto il vecchio contratto a tempo indeterminato consentisse. Con la riforma del mercato del lavoro introdotta dal governo Renzi avviene oggi una completa ridefinizione del concetto di lavoro a tempo indeterminato. Il contratto a tempo indeterminato ha significato sino ad oggi senza una scadenza e garantito. Senza giusta causa un giudice poteva costringere l’azienda a reintegrare il lavoratore licenziato. Oggi il licenziamento è reso possibile con pagamento al lavoratore di  alcune mensilitá, anche in assenza di giusta causa. Senza volermi addentrare in approfondimenti tecnici, né esprimere un giudizio di merito, mi sento di affermare che la rivoluzione introdotta impone ai lavoratori di ridefinire completamente il rapporto con il lavoro, con le certezze, con la tranquillità sul piano professionale e con l’atteggiamento verso i progetti di vita quali la costruzione di una famiglia, l’acquisto di una casa o di una automobile, oltre a doversi pre-occupare in modo completamento diverso del futuro e della vecchiaia.

Le nuove forme assunte dal mercato del lavoro hanno delle implicazioni quali

  • la necessità costante di dimostrare di essere all’altezza;
  • la necessità di rimettersi in gioco professionalmente più volte nel corso della vita;
  • la necessità di acquisire nuove competenze durante tutto l’arco della vita e non solo durante la formazione scolastica;
  • la necessità di essere responsabili della propria carriera accettando il cambiamento come elemento costante;
  • la necessità, in un mercato del lavoro più fluido, di nuovi rapporti tra datori di lavoro e lavoratori;
    •  i datori di lavoro dovranno considerare seriamente il concetto di capitale umano o di risorse umane, facendo in modo di conservare in azienda competenze e maturità acquisite;
    • i lavoratori dovranno considerare l’azienda come il luogo dove sviluppare le proprie potenzialità, piuttosto che l’opportunità di una comoda routine;
  • la possibilità di incontrare nuovi stimoli professionali;

La novitá fondamentale é dunque il concetto di tempo indeterminato che viene ad assumere il suo significato letterale di senza una data di fine contratto. Sino ad oggi di fatto, senza una data di fine contratto diveniva sinonimo di garantito e ha rappresentato per generazioni la meta agognata al termine degli studi. Il Jobs Act del governo Renzi presuppone che le ridotte garanzie vengano compensate dalla maggiore probabilità di trovare in tempi brevi nuove opportunità lavorative in caso di licenziamento. Diamo per scontato che, nel medio termine, il mercato del lavoro diventi realmente fluido e ricco di opportunità come, nei miei ricordi è stato dal dopoguerra fino agli anni ottanta. Questo scenario rimette l’uomo lavoratore nella condizione di non poter dare per scontato il posto di lavoro, ma di doverlo conquistare dimostrando impegno, rinnovando le competenze e raggiungendo obiettivi. Si potrebbe pensare che le aziende siano le beneficiarie uniche di questa riforma. In realtà, un mercato fluido permetterà ai lavoratori di ricollocarsi facilmente e obbligherà di conseguenza le aziende a essere attive nel attuare politiche volte a trattenere i migliori talenti e le competenze acquisite lavorando.

Lo scenario futuro, letto in questi termini, prospetta luci e ombre; se da un lato elimina il diritto al posto sicuro, dall’altro offre la prospettiva di un mercato del lavoro che premia impegno e merito divenedo così meritocratico. Giusta o sbagliata che sia, la direzione intrapresa è questa e quando non si hanno strumenti per influenzare gli eventi, la saggezza antica suggerisce di cercare di adattarsi al meglio e il più rapidamente possibile.

UNA RIFLESSIONE SULL’INCERTEZZA E SULLA SICUREZZA

Incertezza e ricerca della sicurezza occupano da sempre un ruolo di primo piano nell’agire umano.

Sigmund Freud (Il disagio della civiltà, 1929) osservava che l’uomo aveva preferito il principio di realtà a quello di piacere, scambiando una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza.

Zigmunt Bauman (La società dell’incertezza,1999) ha affrontato l’argomento confrontando la modernità analizzata da Freud con la post-modernità del nostro tempo. La libertà individuale regna sovrana; è il valore in base al quale ogni altro valore deve essere valutato e la misura con cui la saggezza di ogni norma e decisione sovra-individuale va confrontata. Siamo nel tempo della deregulation dove il principio di piacere regna sovrano. Gli uomini e le donne post-moderni scambiano una parte delle loro possibilità di sicurezza per un po’ di felicità. … Il disagio della post-modernità nasce da un genere di libertà nella ricerca del piacere che assegna uno spazio troppo limitato alla sicurezza individuale. Se la noia e la monotonia pervadono le giornate di coloro che inseguono la sicurezza, l’insonnia e gli incubi infestano le notti di chi persegue la libertà.

La recente riforma del lavoro va in una direzione che genera incertezza, necessità della totale assunzione di responsabilità della propria carriera (a partire sempre più dalle prime scelte di indirizzo scolastico) e necessità di rimanere sempre in movimento (cambiando azienda, mansioni, ruolo sociale, condizione economica e sempre più spesso luogo dove vivere). La difficoltà di rimanere sempre in movimento, mai nelle condizioni di sentirsi al sicuro, la difficoltà a mantenersi sempre flessibili e pronti ad assumere modelli di comportamento differenti appartengono al nostro tempo e il mercato del lavoro spinge in questa direzione. Vengono meno i punti di riferimento certi rappresentati da figure che un tempo indicavano la via, come gli insegnanti e i sacerdoti, e luoghi nei quali trovare modelli comportamentali e indicazioni sulla rotta da seguire come le fabbriche nelle quali veniva trascorsa un’intera vita lavorativa. Ogni individuo è oggi mentore di se stesso, responsabile della propria vita, libero nella gabbia che si è costruito.