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Far crescere la produttività e, allo stesso tempo, il benessere del lavoratore è la sfida, ma anche una necessità del manager moderno. Le logiche del mercato globale fanno intuire la necessità di massimizzare lo sviluppo del potenziale insito in ogni lavoratore, per raggiungere i risultati di business. È a questo proposito necessario prendere atto che una nuova consapevolezza si è fatta strada nei giovani, e deve essere tenuta nella massima considerazione affinché le aziende possano fruire dei vantaggi derivanti dalla loro energia fisica, ma soprattutto, creativa. Non è più sufficiente, infatti, attrarre i giovani talenti nella propria realtà, ma bisogna saperli mantenere al proprio fianco per svilupparne il potenziale al servizio della propria attività. Per raggiungere questo duplice obiettivo è indispensabile conoscere la visione del mondo e i valori di riferimento delle persone che si desiderano all’interno del proprio team.

I giovani che si affacciano al mondo del lavoro in questi anni, sentono più delle generazioni precedenti, la necessità di sentirsi soddisfatti di quello che sono come persone, di quello che stanno facendo ma, soprattutto, di come viene riconosciuto il loro contributo; per questi giovani la passione è un elemento essenziale per sentirsi realizzati e, se non si sentono motivati, preferiscono cambiare per trovare nuovi stimoli e opportunità di esprimersi. Questa spinta motivazionale li rende assai appetibili dalle aziende, che vedono in loro la possibilità di innovarsi grazie all’entusiasmo che infondono nell’ambiente e al trasporto con cui approcciano la vita e il lavoro. Per questi giovani, nati con la tecnologia, il cambiamento è fonte di crescita e non un pericolo.

Un breve inciso: la realtà, non solo italiana, presenta anche molti giovani che rinunciano a studiare e, al contempo, non cercano lavoro. La crisi li ha colti nel momento del massimo entusiasmo per l’ingresso nel mondo del lavoro, frustrandone la vitalità. La condizione, italiana inoltre, richiede meno competenze di quelle disponibili, offrendo a molte persone lavori meno qualificati rispetto alla loro formazione. I molti espatriati con formazione universitaria o superiore sono la riprova di questo fenomeno.

Torniamo a cosa i giovani cercano nel lavoro e si aspettano da esso. Le generazioni del boom economico seguito alla fine della guerra e quelle successive hanno visto il passaggio progressivo da una visione del lavoro come strumento per migliorare il benessere materiale a una visione del lavoro come strumento di impiego delle proprie energie creative e autorealizzazione in senso ampio.

I manager focalizzati esclusivamente sul controllo dei processi e sul raggiungimento degli obiettivi, rischiano di trascurare che i nuovi talenti lavoratori attribuiscono molta importanza alla qualità della vita intesa come disponibilità di tempo per se stessi. Il tema della conciliazione della vita lavorativa con la vita privata, molto discusso negli ultimi anni, è ritenuto indispensabile dalle nuove generazioni. Offrire denaro, premi di produzione, auto aziendale o altri benefit materiali potrebbe non servire ad attirare e trattenere i lavoratori talentuosi di questa generazione. Questi giovani esigono tempo per se stessi, la definizione chiara dei confini dell’impegno lavorativo e relazioni basate sull’autenticità, il rispetto e il calore umano, elementi che irrompono sulla scena dei manager e pretendono di essere parte del rapporto di lavoro.

La domanda sorge spontanea: perché il manager dovrebbe considerare questi aspetti che sembrano così periferici al business? Semplice: ai Millennials interessa una vita diversa da quella sognata dalle precedenti generazioni e andranno a offrire il loro talento a quelle aziende che ne prenderanno atto. Chi persevera con le vecchie logiche rischierà di non trovare più giovani motivati e di talento.

Molte grandi aziende stanno già sperimentando la difficoltà di attrarre talenti e la competizione sta facendosi anche molto costosa. Offrire nuove attenzioni ai bisogni dei Millennials, permetterebbe di attrarli e trattenerli grazie a strumenti non ipotizzabili pochi anni fa ma che oggi devono far parte dell’offerta in sede di colloquio di selezione ma, soprattutto, diventare realtà tangibile nella vita di tutti i giorni.

È probabile che per molti manager sia scontato inviare mail ai collaboratori a qualsiasi ora del giorno, della notte e nel weekend, per altri gli straordinari sono dovuti e rappresentano un elemento ordinario, altri ancora non ritengono consono, o forse non ne sono capaci, costruire un relazione che si apra talvolta ad aspetti più personali della vita. Questi elementi venivano ritenuti out rispetto alla vita professionale ma oggi, tornano a essere importanti come riscoperta di una dimensione umana del lavoro anziché come oggetto separato nella vita delle persone.

Consapevole che le aziende guardano il fatturato per fare le loro considerazioni, osservo che il fatturato è opera delle persone anche in un’epoca in cui la tecnologia mieterà molte vittime tra le professioni sin qui conosciute. Nasceranno nuove professioni ma l’atteggiamento dei Millennials nei confronti del lavoro e della vita muterà a breve. Torna utile il vecchio detto “lavorare per vivere e non vivere per lavorare”.

In conclusione voglio occuparmi brevemente della dimensione rischio che le aziende stanno correndo, mantenendo invariato il loro atteggiamento nei confronti delle risorse umane di cui si avvalgono. Il rischio di non trovare più risorse valide e disposte ad accettare le vecchie regole del gioco. Le aziende fanno spesso scelte sulle opportunità e, molto spesso, scelte finalizzate a minimizzare e gestire i rischi. È verosimile che il rischio di non trovare più risorse  in grado di svolgere le mansioni essenziali non sia percepito o sia trascurato. In ogni caso il rischio si sta materializzando e molte aziende possono constatarlo misurando i costi per la selezione, la formazione e il tutoraggio, che vanno perduti prima di essere ammortizzati a causa della fuga imprevista dei giovani appena inseriti. Auspico la presa di coscenza delle nuove richieste provenienti dai giovani in ingresso, al fine continuare a produrre, vendere e fatturare.